Document: ituazioni a rischio. nelle sale operatorie a flusso turbolento "a riposo" è solo indicativo, in quanto possono essere raggiunti valori molto inferiori a tale valore, ed "è auspicabile in tal senso che ogni struttura sanitaria individui i valori indicativi del corretto funzionamento di ciascuna sala operatoria (valori obiettivo), quelli che indicano un funzionamento ai limiti dell'accettabilità (valori allerta) e quelli che evidenziano la necessità di un intervento in quanto mostrano che ci si è allontanati dallo standard qualitativo della corretta gestione (valori azione)" e venivano forniti dettagli sulla modalità di calcolo di tali valori. In realtà , è stato evidenziato che gli attuali impianti di ventilazione a flusso turbolento sono molto più efficienti di un tempo; in uno studio multicentrico condotto nell'ambito del GISIO (Gruppo Italiano Studio Igiene Ospedaliera) della SItI (Società Italiana di Igiene, Medicina preventiva e Sanità pubblica), in sale operatorie a flusso turbolento, è stato registrato un valore mediano di 11,75 CFU/m 3 "a riposo" e di 54 UFC/m 3 durante l'attività chirurgica; è stato, quindi, ragionevole l'abbassamento del valore soglia di contaminazione microbica dell'aria in sala operatoria "a riposo" a ≤ 10 CFU/m 3 , mentre il valore soglia di 180 CFU/ m 3 durante l'attività chirurgica, rimasto invariato, porterebbe a una sottostima del rischio. Bisogna tener presente, inoltre, che considerando la variabilità dei risultati ottenuti con i diversi campionatori e il gran numero di campionatori oggi disponibili, la definizione di uno standard richiederebbe l'indicazione anche del campionatore da utilizzare. A tale proposito, le Linee guida sulla prevenzione e sicurezza nelle sale operatorie del 1999 della Regione Lombardia sottolineavano la variabilità dei risultati ottenuti con i diversi campionatori e raccomandavano di realizzare uno studio preliminare che permetta di fissare una soglia critica di contaminazione. Le Malattie Infettive, nel corso dei secoli, hanno avuto un profondo impatto non solo sulla salute umana ma anche sulla storia della specie, influenzando l'esito di guerre nonché il destino di nazioni ed imperi [1] [2] [3] . A differenza della stragrande maggioranza delle malattie cronico-degenerative, la cui eziologia è complessa e multifattoriale, le malattie infettive sono in genere causate dall'azione di un unico agente biologico, la cui identificazione permette di attuare idonee misure di controllo, sia generiche (igiene personale e/o ambientale, disinfezione, controllo dei vettori) che specifiche (vaccinazione e terapia antimicrobica) 1 . Tali misure hanno avuto un tale successo (si pensi solo alla campagna di eradicazione del vaiolo) che, almeno nei paesi industrializzati, ne è derivata la convinzione che le malattie infettive fossero ormai prossime ad essere definitivamente sconfitte. È così che, sul finire degli anni '60, il "Surgeon General", la massima autorità sanitaria statunitense, annunciò: "It's time to close the book on infectious diseases… the war against pestilence has been won". Tale affermazione sembrava indubbiamente destinata a spostare l'attenzione e le priorità verso le malattie cronico degenerative. Del resto, malattie cardiovascolari ischemiche e l'ictus, le malattie polmonari cronico-ostruttiva risultano essere ormai le tre principali cause di morte nel mondo, oltre ai tumori, che vengono presentati in forma disaggregata nelle graduatorie che tengono conto del tipo specifico d
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